sabato 19 aprile 2008

Festeggiamo insieme il 25 aprile con le Mondine




Programma della giornata del 25 aprile.
Al Museo Cervi aspettano 7000 partigiani che cantano. Ora più che mai!
Li aspettano già dalla mattina: verso le 11,00 ci sarà l’arrivo delle biciclettate dai Comuni limitrofi. Ci saranno torta fritta e salumi ad aspettarli…
- ore 12,00 - si accendono le griglie- ore 16,00 inizio concertiSETTEMILA PARTIGIANI CHE CANTANOcon- LA CASA DEL VENTO- CISCO- FIAMMA FUMANA E LE MONDINE DI NOVI Per tutta la durata della la festa, sin dal mattino, funzioneranno Bar, grigliate di carne, torta fritta e salumi e tutte le bancarelle presentiIngresso libero e gratuito.
ore 22,00 LA FESTA CONTINUA AL FUORI ORARIOcon il concerto deiKINNARAnel meraviglioso tributo a Fabrizio De Andrèper continuare con i balli di Marco Pipitone e Francesco Pini
Per cenare al punto ristoro prenota allo 0522.671970Possibilità di dormire in palesta. Prenotazioni allo 0522.671970 Ingresso libero - Consumazione obbligatoria € 10


per maggiori informazioni http://www.mondine.it/

giovedì 10 aprile 2008

Cena di venerdì 4 Aprile osteria della Graspa




CENA DI VENERDI’ 4 APRILE ORE 19.45 OSTERIA DELLA GRASPA

Presenti: Fabio Bonvicini, Gino Pennica, Franco Calanca, Stefano Tommesani, Ferdinando Gatti, Giorgio Cavazzuti, Fabio Vetro, Roberto Arrabito, Giovanni Tufano.

1. LODOLA. Confermato l’alloggio alla Lodola: i costi per l’alloggio per i due giorni sono di 400 euro se siamo in 20, 450 se siamo in 25, 500 se siamo in 30. Le lenzuola sono extra per un costo di 2,5 euro, meglio portarsele o portarsi il sacco a pelo.
Fabizio Ferri delle Pivenelsacco ha trovato un cuoco che ci chiede 200 euro per lavorare i due giorni del pivaraduno, compreso fare la spesa e tenere in ordine la cucina. La proposta è approvata all’unanimità.
Si calcola quindi che le spese ipotizzabili su di un’ipotesi di 20 persone sono:
400 euro casa
200 euro cuoco
400 euro circa spesa
TOTALE 1000 EURO, ossia 50 a testa per due giorni che mi pare un bell’andare!!!

2. CONCERTO SABATO: come lo scorso anno il pivaraduno è stato inserito in una manifestazione estiva. Quest’anno è Chiese corti e cortili: parteciperemo come banda del PR, come pivenelsacco, come cisalpipers, come Lanterna magica. direi che basta…
L’ingaggio della serata andrà ad abbattere i costi del PR.

3. FESTIVAL COLORNO: Domenica 18 maggio siamo attesi al Colorno Folk Festival organizzato da Lino Mognaschi dalla mattina al pomeriggio. Si veda l’altro allegato.
Anche il rimborso di Colorno sarà destinato all’abbattimento costi e ai rimborsi della benzina.
COLORNO FOLK FESTIVAL HANNO ADERITO: Fabio Vetro, Fabio Bonvicini, Franco Calanca, Marcello Tioli, Ferdinando Gatti, Alessandro Serafini, Gino Pennica.

4. RIMBORSI: in merito ai rimborsi si decide all’unanimità che la ripartizione sarà fatta in base all’impegno dei singoli su tutto l’arco dell’anno (organizzazione, contatti, cene, ecc…) e intorno ai due momenti del 18 maggio e di metà giugno.

5. MAGLIETTA: si accetta il preventivo proposto da Marcello Tioli per una maglietta versione lusso. C’è anche una proposta di Roberto Arrabito che valuteremo nei prossimi giorni appena la manda, altrimenti rimane buona quella di Marcello. Altre sono scartate per la scarsa qualità. La maglietta avrà davanti il diavolo con la piva con scritto PIVARADUNO, mentre per il retro Fabio Vetro propone una scritta che vi allego in una sua foto. I colori preferiti risultano essere rosso e nero. Domanda: maglietta rossa e scritta nera o viceversa? rispondere a me entro il 30 aprile, altrimenti decidiamo io e Marcello…
Costo stimato 10-15 euro l’una per una tiratura di 30 magliette, chiederemo se avendo già l’impianto un’eventuale ristampa abbia gli stessi costi, altrimenti ne stampiamo 50.
Chi è interessato ad avere la maglietta, per favore me lo faccia sapere così ne stampiamo un numero non esagerato e non scarso.

6. CORSI: saranno attivati i seguenti corsi GRATUITI.
Balli staccati della tradizione emiliana tenuto da Stefano Tommesani e Gino Pennica
Tamburi a cornice tenuto da Giovanni Tufano
Tamburi a bandoliera tenuto da Mauro Pambianchi
Tecnica individuale tenuto dal sommo Franco Calanca
Musica d’insieme tenuto da Fabio Bonvicini e Fabio Vetro
Tutti i corsi saranno sia sabato che domenica, eccetto quello di musica d’insieme che sarà solo sabato per preparare il concerto di sabato sera, mentre alla tecnica sarà dedicata la domenica.
I corsi saranno organizzati (a meno di cambiamenti dell’ultima ora legati alla partecipazione) in sezioni di un’ora e trenta la mattina e un’ora e trenta il pomeriggio. Le due sezioni si ripeteranno in modo da permettere a chi partecipa di seguire due corsi durante il PR.
Vi chiedo quindi di comunicarmi a quali corsi siete interessati per meglio organizzarci.

7. POSTPIVARADUNO
Il gruppo dei liberi suonatori rappresentato da Giorgio Cavazzuti, propone per la sera di domenica 15 un appuntamento a San Pietro in Casale (BO) a cui sono invitati tutti i partecipanti del PR. Seguirà in tal senso mail informativa da parte mia o di Giorgio che deve rifinire il concatenamento orari.

ISCRITTI ATTUALI AL PR
Fabio Vetro, Fabio Bonvicini, Giovanni Tufano, Franco Calanca, Chiara Temporin, Mauro Pambianchi, Marco Natali, Stefano Tommesani, Marcello Tioli, Ferdinando Gatti, Alessandro Serafini, Manu (2 persone).


Alle 21.15 la seduta è sciolta e si passa alla cena.
All’una si chiude la serata dopo abbondanti suonate e libagioni…
ORA E SEMPRE W LA PIVA!!

State bene, Fabio

venerdì 4 aprile 2008

Seint'mo che' (s') la cèlla

Seint’mo chè ( s’ ) la cèlla

Un’ipotesi sull’etimologia del nome tradizionale della canna del canto della piva emiliana

Di Marco Mainini


Le appassionate e appassionanti ricerche svolte anni or sono da Bruno Grulli hanno “portato alla luce” non solo uno degli strumenti più belli dell’interastoria musicale dell’umanità, scintilla ispiratrice per liutai e musicisti a venire ma anche i termini con cui tradizionalmente erano indicati i vari pezzi che compongono la piva di cui uno in particolare ha destato in me notevole curiosità.
Se da un lato le parole “ burdoun” ( bordoni ) e “pivein” ( ancia, ancie ) appaiono abbastanza in linea con le corrispondenti italiane, più o meno dirette, al contrario il termine con cui viene indicata la canna del canto non ha attinenza con nessun altro termine utilizzato per dare un nome alla stessa parte dello strumento in altre realtà, italiane o estere, dove è presente una varietà locale di cornamusa.
Quello che è universalmente definito col termine “chanter”, che i galiziani chiamano “punteiro”, che si chiama “diana “ nel bergamasco eche viene chiamato “manèta” nel caso della cornamusa piacentina, se si parla di piva emiliana diventa la “scèlla” ( pronunciato non con il suono sce di scemo ma bensì tenendo la s separata da cèlla come se fosse s+cèlla ); ben diversa quindi dagli altri termini; tanto che viene da chiedersi: - ma cosa vuol dire?
L’unico termine tecnico a me noto di pezzo di cornamusa che può in qualche modo tradire una radice o un origine comune al nostro scèlla è quello del terzo bordone montato su alcune gaite galiziane, quello piu corto, acuto e squillante : il “chillòn” ( dove ovviamente chi si pronuncia ci ).
Guarda caso siamo all’interno di un’altra area linguistica che, come nel caso del’area delle parlate emiliane, ha avuto una forte influenza linguistica germanica…e allora l’ipotesi è che l’etimologia della parola “scèlla” sia la stessa della parola italiana “squilla”.
Questo termine, col quale si indicavano campane, campanelli e campanellini prima della nascita delle campane non è infatti di discendenza latina ma deriva dall’antico alto tedesco scella o scëlla ( nel tedesco moderno schelle, pronuncia scelle = campanellino ), simile all’antico franco skëlla ( sonaglio, campanellino ), termini connessi al verbo scëllan o skëllan ( nel tedesco moderno schellen = risuonare) e ancora alle parole skall, scall che nell’ a. a. ted. significano suono ( oggi schall ).
Considerando ora che il suono sce, sci non è previsto nelle parlate emiliane e che spesso e volentieri i suoni duri sche, schi vengano trasformati in s+ce, s+ci ( e qui si potrebbe aprire un’intero dibattito su come sia meglio trascrivere questo suono: s’ce… s-ce… sče….? ) come nel caso di schiaffo Þ s-ciaf , scoppiareÞ s-cioper , si può ipotizzare che i termini germanici scella, scëlla, skëlla siano entrati nell’uso locale sotto forma di scèla ( o se credete s’cela o s-cèla oppure sčela ).
Sappiamo però che il dialetto che si parlava all’epoca era ben diverso da quello attuale; se non dal punto di vista grammaticale e fonetico lo era sicuramente dal punto di vista del vocabolario; tanti dei termini usati un tempo sono ora dimenticati.
Nella mia memoria di parlante non trovo un termine che traduca l’italiano squilla e il relativo verbo squillare.
Se dovessi tradurre “senti come squilla” potrei dire, provando un’immediata fitta lancinante al fegato, “ seint s’la squèla” e dovrei ricorrere ad un più prudente “ seint s’la sòuna”; se invece dovessi tradurre “senti la squilla” dando a squilla il significato antico di campanellino o campana non saprei a che santo votarmi, ma in base a quanto visto finora potrei risolvere con “seint la scèlla”e di conseguenza “seint s’la scèlla” ( senti come suona ) e al plurale “seint sa scèllen (senti come suonano).
Il termine scèlla, quindi, potrebbe essere stato originariamente il termine volgare locale con cui un tempo si chiamava la squilla, cioè il sonaglio - campanellino - campana, ( forse anche il verbo suonare – risuonare – squillare ) e solo successivamente il nome tradizionale della canna del canto della piva emiliana: la scèlla.
Se così fosse il termine in esame avrebbe un’attinenza diretta con la sua forma tipica ( la scèlla termina a campana, come tanti altri strumenti a fiato e ancora oggi, per indicare questo punto della canna, si dice “la campana” ) e indiretta con la sua funzione che è quella di suonare e risuonare e quindi con il concetto stesso di suono.
Inoltre il termine italiano squilla era utilizzato per indicare, specialmente, il campanello messo al collo degli animali.
Come è fatta una piva?
Così: un sacco ricavato da una pelle di pecora intera, due canne di bordone, un insufflatore, la scèlla.
Come si montano i pezzi di una piva?
In questo modo: si prende la pelle intera di una pecora, si legano le zampe posteriori, si pratica un foro all’altezza dello sterno per inserirvi l’insufflatore, nelle zampe anteriori si inseriscono i due bordoni.
La scèlla si infila nel collo.